giovedì 23 agosto 2012

guerre d'indipendenza

DOVE
Penisola italiana

QUANDO
1948 – 1961

CHI
Gli stati protagonisti: Stato sabaudo (Regno di Sardegna), impero asburgico, Papato, Francia, stati regionali italiani
I personaggi: Vittorio Emanuele II, Napoleone III, Camillo Benso di Cavour, Garibaldi

PERCHE’
Molti stati si battono per una Costituzione, l’unità nazionale e l’indipendenza














I FATTI: 
la I Guerra d’Indipendenza
1948: un’ondata di rivolte coinvolge tutta l’Europa, causata anche da una crisi economica (scarsi raccolti, aumento dei prezzi dei beni, aumento della disoccupazione).
In Francia viene allontanato il re Luigi Filippo e viene proclamata la Repubblica (suffragio universale maschile e lavoro come diritto).
In Italia: Venezia insorge e proclama la Repubblica il 17 marzo. Milano insorge il 18 marzo e in 5 giorni (5 giornate di Milano) allontana gli austriaci. Lo stato sabaudo interviene in aiuto di Milano quando ormai le 5 giornate sono terminate e dà inizio alla prima guerra d’indipendenza italiana. I regni di Toscana, delle Due Sicilie e lo Stato della Chiesa accorrono in aiuto, ma presto si ritirano perché temono che i Piemontesi si estendano troppo e il re sabaudo subisce perdite contro gli austriaci; chiede l’armistizio.

1949: A Roma e Firenze scoppiano sommosse popolari che fanno fuggire il Papa e il Granduca di Toscana. Vengono proclamate le Repubbliche, che però durano poco. Gli austriaci aiutano il  Granduca a tornare a Firenze. Per riportare il Papa a Roma intervengono Francia, Spagna, Austria e Regno delle due Sicilie. Molti volontari difendono la Repubblica Romana (Garibaldi, Mameli), ma la città cede in luglio. In agosto anche Venezia viene riconquistata dagli austriaci.             TUTTE LE INSURREZIONI DEL ‘48 NON HANNO SUCCESSO, NEMMENO IN EUROPA.
In Germania fallisce il tentativo di creare un regno federale
In Francia il nuovo Presidente (nipote di Napoleone)  rovescia la Repubblica e si proclama imperatore col nome di Napoleone III.




IL CASO
Solo nel Regno di Sardegna rimane in vigore uno Statuto e un Parlamento.
Il primo ministro (dal 1852) è il Conte di Cavour che dà inizio a una serie di riforme economiche: costruì canali, ferrovie, strade e fece di Genova il porto più grande della penisola.
Con aiuti militari agli stati esteri riuscì a stringere alleanze importanti per combattere contro l’Austria (alleandosi con Napoleone III).
Nel 1855 Francia e Regno di Sardegna decisero un’alleanza anti-austriaca (Accordi di Plombières): Napoleone si impegnava ad attaccare l’Austria se questa avesse attaccato per prima il Piemonte.




 

I FATTI: 
la II Guerra d’Indipendenza
Nel 1859 piemontesi ammassano truppe al confine con la Lombardia. L’Austria chiede il ritiro e, quando ottiene un rifiuto, attacca. La Francia interviene. Napoleone III guida l’esercito e a giugno Milano è libera. I ducati di Toscana, Parma, Modena e Romagna chiedono l’annessione al regno di Sardegna. Napoleone teme che il regno piemontese si ampli troppo e firma un armistizio con l’Austria: la Lombardia resta ai Savoia, il Veneto torna agli austriaci.
 LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA VEDE IN MANO AI SAVOIA IL PIEMONTE, LA SARDEGNA, LA LIGURIA, LA LOMBARDIA E L’EMILIA ROMAGNA.
Mancava da liberare il Regno delle due Sicilie: se ne occupò il liberale Giuseppe Garibaldi. Quando nel 1860 scoppiò una rivolta a Palermo partì con un gruppo di uomini (I Mille) verso la Sicilia. Garibaldi voleva costruire un’Italia monarchica sotto la guida dei Savoia. Sconfisse l’esercito borbone a Milazzo e liberò l’isola e a lui di unirono migliaia di volontari. Sbarcò in Calabria ed entrò a Napoli.  Cavour temette che Garibaldi volesse irrompere nello Stato della Chiesa e suggerì a Vittorio Emanuele II di recarsi in centro Italia con un esercito. Garibaldi e il re si incontrarono a Teano (Caserta) e il generale consegnò al monarca le terre conquistate, rinunciando ad ogni potere.
 IL 17 MARZO 1861 VITTORIO EMANUELE II VENNE PROCLAMATO RE D’ITALIA: LA CAPITALE RESTAVA A TORINO.

il risorgimento

il Risorgimento

Il Risorgimento è un movimento di lotta mirante alla cacciata dell'Austria dal suolo italiano e all'unificazione politica e territoriale della penisola. Tale obiettivo era particolarmente sentito dalla borghesia italiana, la cui imprenditorialità era ostacolata dalle barriere doganali esistenti tra i vari Stati. Rimaneva però il problema di come arrivare dell'unificazione e su ciò si aprì un dibattito, caratterizzato da posizioni spesso contrapposte. Inizialmente si affermò la linea politica di Giuseppe Mazzini, il quale riteneva che solo una rivoluzione popolare potesse unificare il Paese. A tal fine, creò la Giovine Italia, un'associazione destinata a diffondere il suo programma tra i giovani e a organizzare l'insurrezione armata. Però questa strategia venne guidicata inefficace e così si affermarono delle correnti più moderate come quella di Vincenzo Gioberti, un federalista, secondo il quale i diversi stati italiani avrebbero dovuto unirsi in una confederazione guidata dal Papa e quella di Cesare Balbo e Massimo D'Azeglio, entrambi convinti che l'unità d'Italia avrebbe dovuto realizzarsi sotto la guida del re di Sardegna. Nel 1848 tutta l'Europa fu interessata da un'ondata rivoluzionaria, che vide le popolazioni in lotta per ottenere maggiori libertà economiche. Ad esempio, in Francia tra le classi privilegiate si diffuse il comunismo; in Belgio le rivoluzioni furono soffocate mentre in Germania e nell'impero austriaco si giunse alla formazione di assemblee costituenti. Infine anche gli Italiani intensificarono la loro lotta contro l'Austria: il 17 marzo insorsero i Veneziani che cacciarono gli Austriaci e ricostituirono la repubblica di San Marco di impronta democratica e il 18 marzo insorsero i Milanesi che sconfissero le truppe del maresciallo Radetzky nelle famose Cinque giornate di Milano, costringendo gli Austriaci ad abbondonare la città.
Con il termine Risorgimento dunque la storiografia designa quel periodo della storia italiana durante il quale la nostra penisola venne unificata politicamente. Il termine tende a fornire un'interpretazione in positivo del periodo, come rinascita di un'unità nazionale per lungo tempo perduta. Per quanto tale visione idealizzata del periodo sia rifiutata da diverse interpretazioni moderne, il termine è ormai sostanzialmente accettato e ha assunto una valenza storica.
Le idee liberali, le speranze suscitate dall'illuminismo e i valori della Rivoluzione francese furono portate in Italia da Napoleone sulla punta delle baionette dell' Armèe d'Italie. Rovesciati gli stati preesistenti, i francesi, deludendo le speranze dei nostri patrioti "giacobini", si insediarono stabilmente nella Pianura Padana, creando alcune repubbliche sul modello francese (Repubblica Cispadana), rivoluzionando la vita del tempo, portando idee nuove, ma facendone anche ricadere il costo sulla economia locale. Nacque così un crogiolo di ideali, alcuni dei quali incompatibili tra loro: da quelli romantico-nazionalisti a quelli repubblicani, da quelli socialisti a quelli anticlericali, da quelli liberali a quelli filo monarchici o papalini, da quelli laici a quelli clericali. Vi era l'ambizione espansionista di Casa Savoia che tendeva a raggiungere l'unità della Pianura Padana, e infine il bisogno di liberarsi dal domino austriaco nel Lombardo-Veneto, unitamente al generale desiderio di migliorare la situazione socio-economica approfittando delle opportunità offerte dalla rivoluzione tecnico-industriale, superando contemporaneamente la frammentazione della penisola,   divisa in vari stati in parte illiberali. Queste motivazioni così diverse spinsero i vari rivoluzionari italiani a elaborare e a sviluppare un'idea di patria più ampia e ad auspicare la nascita di uno stato nazionale analogamente a quanto avvenuto in altre realtà europee come Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Le personalità che emersero in questo processo furono: Giuseppe Mazzini, figura di spicco del movimento liberale repubblicano italiano ed europeo; Giuseppe Garibaldi, repubblicano e di simpatie socialiste, per alcuni un eroico ed efficace combattente per la libertà in Europa e in Sud America; Camillo Benso conte di Cavour, statista in grado di muoversi sulla scena europea per ottenere sostegni, anche finanziari, all'espansione del Regno di Sardegna; Vittorio Emanuele II di Savoia, abile a concretizzare il contesto favorevole alla costruzione del Regno d'Italia. Ma parteciparono al dibattito anche gli unitaristi repubblicani e i federalisti radicali contrari alla monarchia come Nicolò Tommaseo e Carlo Cattaneo o i cattolici come Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini che auspicavano una confederazione di stati italiani sotto la presidenza del Papa o della stessa dinastia sabauda.
Nel cosiddetto biennio delle riforme (1846- 1847), a seguito del fallimento dei moti rivoluzionari mazziniani, presero vigore alcuni progetti politici dei liberali moderati, come Massimo d'Azeglio e Vincenzo Gioberti, i quali, sentendo soprattutto la necessità di un mercato unitario come premessa essenziale per un competitivo sviluppo economico italiano, avanzarono programmi riformisti per una futura unità nazionale nella forma accentrata o federativa. Nacque così il movimento neoguelfo, che riscosse un notevole successo presso l'opinione pubblica in coincidenza con l'elezione di papa Pio IX, ritenuto  un "liberale".
La prima fase del Risorgimento (1847-1849) vide lo sviluppo di vari movimenti rivoluzionari e la preparazione di una guerra anti-austriaca, iniziata in occasione della rivolta delle Cinque giornate di Milano (1848), condotta e persa da Carlo Alberto e conclusasi perciò con un sostanziale ritorno allo "status quo ante". Con il fallimento del programma federalista neoguelfo riprese vigore quello repubblicano mazziniano con una serie d'insurrezioni, tutte fallite. Quelle che impressionarono di più l'opinione pubblica italiana ed europea furono l'episodio dei martiri di Belfiore (1852) e la disastrosa spedizione di Carlo Pisacane e dei suoi compagni massacrati dai contadini a Sapri (1857), condotta all'insegna del credo mazziniano per il quale ciò che contava era, più che il successo, il "dare l'esempio"

La seconda fase, maturata nel biennio 1859-1860, fu quella decisiva per il processo di unificazione nazionale. Infatti, dopo aver stipulato un'alleanza con la Francia di Napoleone III - che negli accordi di Plombieres non prevedeva la completa unità dell'Italia - il Piemonte di Cavour e Vittorio Emanuele II riuscì, anche per la circostanza imprevista delle annessioni di Toscana, Emilia e Romagna, che si erano nel frattempo liberate, a raggiungere l'unità, che sarà infine completata dalla spedizione dei Mille garibaldina.
La dichiarazione del Regno d'Italia si ebbe il 17 marzo 1861. Il nuovo regno manterrà in vigore lo Statuto Albertino, la costituzione concessa da Carlo Alberto nel 1848, sino al 1946.
Molti e gravi furono i problemi che il nuovo Stato unitario dovette affrontare e tra questi il più rilevante fu quello del cosiddetto "brigantaggio meridionale". Sebbene la storiografia risorgimentale avesse ripreso la definizione di brigantaggio usata dallo stesso governo del Regno d'Italia per mascherare agli occhi degli stati europei le gravi difficoltà dell' avvenuta unità, una più attenta storiografia ha rivelato come in effetti si trattasse di una vera e propria guerra civile (1861-1865) nata nel Sud Italia in seguito all'invasione dell'esercito piemontese, dopo la spedizione garibaldina e l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Che non si trattasse di un fenomeno di semplice criminalità è dimostrato dal fatto che si ritenne necessario l'intervento dell'esercito regio e l'emanazione di statuti speciali, come la legge marziale presentata dal deputato Pica nel 1863, approvata dal nuovo Parlamento e applicata nei territori del Mezzogiorno italiano.
La ricerca storica più recente ha contribuito a mettere in luce gli aspetti politici che motivarono la resistenza delle popolazioni meridionali e le conseguenze della sua repressione - prima tra tutte la nascita della Questione meridionale- superando in modo definitivo il modello che ha tentato per decenni di liquidare l'insorgenza meridionale come fenomeno esclusivamente banditesco.
L'unificazione venne poi quasi interamente completata con l'annessione del Veneto a seguito della disastrosa partecipazione dell'Italia alla Guerra austro-prussiana del 1866 (Terza guerra d'indipendenza).
Sebbene alla proclamazione del Regno d'Italia fosse stata indicata Roma come capitale morale del nuovo stato, tuttavia la città rimaneva la sede dello Stato Pontificio. Alcune terre papali (Marche ed Umbria) erano state già annesse durante la discesa dell'esercito piemontese in "soccorso" di Garibaldi, che stava realizzando la conquista del Meridione (spedizione dei Mille), ma lo Stato della Chiesa rimaneva sotto la protezione delle truppe francesi che continueranno a difenderlo. Solo dopo la sconfitta e la cattura di Napoleone III a Sedan nella Guerra franco-prussiana, le truppe italiane, con Bersaglieri e Carabinieri in testa, entrarono nella capitale il 20 settembre 1870 attraverso la breccia di Porta Pia.
Dopo il plebiscito del 2 ottobre 1870, che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia, nel giugno del 1871 la capitale d'Italia , già trasferita - in ottemperanza alla Convenzione di settembre (1864) - da Torino a Firenze, divenne definitivamente Roma.
La Chiesa romana di Papa Pio IX, che si considerava prigioniero del nuovo stato italiano, reagì scomunicando Vittorio Emanuele II, e promulgando una Bolla (legge papale) che proibiva esplicitamente (non expedit) ai cattolici di partecipare in modo attivo alla vita politica italiana. Questa volontaria esclusione dei cattolici dalla partecipazione politica  per circa mezzo secolo produsse gravi conseguenze nella futura storia d'Italia.
Il Trentino-Alto Adige, Trieste e l' Istria, territori complessivamente a maggioranza non italiana (stando al censimento del 1910-1911), entreranno a far parte del Regno d'Italia con la vittoria seguita alla Prima guerra mondiale, dai nostri irredentisti sentita come la Quarta guerra d'indipendenza (1915-1918).
 R E S T A U R A Z I O N E    E    R I S O R G I M E N T O

La Restaurazione è il periodo che inizia con il Congresso di Vienna (1815) al quale partecipano  i paesi che hanno vinto Napoleone, cioè Austria, Inghilterra, Russia e Prussia  più la Francia. 
Il Risorgimento è il periodo che va dal 1820 al 1870. In questo periodo l’Italia con varie guerre conquista l’indipendenza dall’Austria e l’unità.
Il Congresso di Vienna riporta negli stati europei le monarchie assolute, (tutti i poteri al re) e toglie tutte le libertà ai popoli: libertà di parola, di stampa, di riunione, cioè restaura (rimette ) quello che c’era prima di Napoleone. Per questo il periodo che inizia con  il Congresso di Vienna è chiamato Restaurazione.
Il Congresso di Vienna divide l’Italia in tanti stati, sotto il predominio dell’Austria. Solo il Regno di Sardegna,  che comprende Piemonte, Liguria, Sardegna  ed ha come re i  Savoia,  è indipendente dall’Austria.  
In Italia la borghesia è contraria all’Austria per due motivi :
1. Le dogane tra uno stato e l’altro fanno crescere i prezzi delle merci a causa delle tasse doganali e danneggiano industria e  commercio 
2. L’Austria toglie i diritti e le libertà portate in Italia da Napoleone. I borghesi vogliono   diritti e libertà e vogliono che l’Italia sia unita e indipendente dall’Austria.
Gli Italiani che sono contrari all’Austria sono detti liberali e si dividono in 
- liberali moderati: vogliono una  monarchia costituzionale (il potere del re è limitato da un Parlamento),    vogliono  la libertà, ma non l’uguaglianza     (diritto di voto  solo ai più ricchi)
   - liberali democratici:  vogliono  la   repubblica,  vogliono la   libertà e l’uguaglianza  (diritto di voto a  tutti).
I liberali si riuniscono nelle società segrete  (la più famosa è la Carboneria)  ed organizzano nel 1820-21  e nel 1830-31  dei moti (rivolte, lotte) contro i sovrani per ottenere la Costituzione, cioè un insieme di leggi che limitano il potere del re e danno diritti ai cittadini;  ma la maggior parte di questi moti falliscono.
Solo nel 1848 vari sovrani italiani,  tra cui Carlo Alberto di Savoia,  sono costretti a concedere la Costituzione.
L’Italia  ottiene  l’indipendenza dall’Austria con  due guerre : la Prima guerra di indipendenza  (1848) e la Seconda guerra di indipendenza  (1859), guidate entrambe dai re di Savoia. Il  risultato è stato che il Regno di Sardegna si è molto ingrandito e dopo le due guerre di indipendenza comprendeva, oltre a Piemonte, l Liguria e Sardegna,  anche Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.  
L’Italia meridionale e centrale vengono  conquistate  con la  Spedizione dei Mille (1860)  di   Garibaldi.
Il 17 Marzo 1861 nasce, sotto il governo del re  Vittorio Emanuele di  Savoia,  il Regno di Italia,  che comprendeva ormai quasi tutta la penisola: mancavano solo il Veneto, ancora sotto il dominio dell’Austria, e Roma con il Lazio, sotto il Papa. Capitale del nuovo regno era Torino. Il Veneto fu conquistato nel 1866 con la terza guerra di indipendenza  ed Roma con il Lazio nel 1870. Roma diventa capitale d’Italia. Il papa, nonostante la garanzia di indipendenza (legge delle guarentige) non accetta il nuovo regno e proibisce ai cattolici di partecipare alla vita politica.  
Nel nuovo stato entra in vigore  lo Statuto Albertino  che era la costituzione del Regno di Sardegna.  Prevalgono i liberali moderati  e pertanto il diritto di voto viene concesso solo ai più ricchi e solo ai maschi. Su 25 milioni, gli elettori non erano più di 500.000, tutti proprietari terrieri, industriali, ricchi commercianti, come anche quelli che diventavano deputati nel Parlamento. Essi non conoscevano a fondo i problemi della grande maggioranza del popolo e non sapevano trovare i mezzi migliori per risolverli.  Si crea così un  distacco tra governanti e governati  e lo Stato apparve a molti Italiani, specialmente al Sud,  come estraneo  e spesso nemico:  uno Stato aristocratico.